venerdì 26 ottobre 2012

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Il Cachemire



di Simona Boni responsabile Mondobimbo 
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La capra del Kashmire è un animale di piccola taglia nativo dell’omonima regione indiana nel Tibet, e poi diffusosi in India, Cina, Afghanistan, Iran, ecc., dove viene prodotto il 90% del cachemire a livello mondiale. Non essendosi mai adattata ai climi europei si trova solo in estremo oriente dove le temperature rigide fan sì che i pascoli, tormentati dal vento gelido, portino l’animale ad avere un vello caldo e soffice.
Nell'ultimo secolo sono stati creati grossi allevamenti in Australia e negli Stati Uniti, ma è soltanto negli ultimi anni che la situazione socio-economico e politica nei paesi produttori è cambiata al punto di far diventare interessante la produzione anche in Europa.
Essa produce una lana molto pregiata, chiamata cachemire che può essere considerata l'oro dei tessuti di lana. Se ne ricava un tipo di lana pettinata, estremamente fine e morbida al tatto; il termine designa inoltre il filato e il tessuto stesso.
La capra Cachemire fornisce in media 200 g di fibra, di cui 110 vengono usati per
manifattura; quindi non c'è da stupirsi se un maglione di cachemire ha un prezzo elevato perché per farlo occorrono sette caprette e ben 5 km e mezzo di filo, cioè 300 g di filo. In base ad una direttiva CEE i capi composti interamente o parzialmente di cachemire possono portare il marchio “pura lana vergine”, anche se raramente il produttore manca di far notare sulla propria etichetta la presenza di questa fibra.
Al tatto il tessuto deve dare una sensazione di pienezza, non basta che sia morbido. Esistono infatti lane extrafini che sono morbide come il cachemire.
Ad esempio se si notano le così dette “palline” sull’indumento (il fenomeno del pilling) siamo in presenza di cachemire formato da fibre corti, quindi non bellissimo, oppure il tessuto ha subito un finissaggio sbagliato.
Il cachemire o vello d'oro, non è altro che il sottovello soffice prodotto dalla capra. Essa è il frutto di selezioni genetiche per aumentare la produzione di questa lanugine preziosa fino a raggiungere quantità commerciabili.
Le fibre ondulate sono lunghe e lucenti, con un diametro fra i 14 e18 micron (più fini della merinos che si aggira sui 24 micron) e ben si prestano a confezionare indumenti belli e pregiati, permette inoltre di sentirsi piacevolmente a proprio agio sia con il brutto tempo invernale che nelle sere estive. Può essere di vari colori dal bianco al nero con varie sfumature intermedie, molto delicata, ha poca resistenza e si usura molto facilmente.
La fibra cresce naturalmente da metà estate a fine inverno, quando avviene la muta annuale oppure la raccolta tramite pettinatura o tosatura. Va trattata con acqua fredda e detersivi delicati. Ha scarso nerbo perciò i campi risultano poco elastici e la fibra si allenta facilmente.

Dalla capra si ricava il cachemire francese, un tessuto che per la sua finezza imita quello indiano, e il cachemire scozzese, che è una stoffa di lana a riquadri di più colori, realizzata tramite l'incrocio di quattro fili d'ordito o catena e quattro fili di trama.
In origine il cachemire era usato soltanto per disegnare gli scialli indiani tessuti a mano. La denominazione si estese poi a stoffe simili fabbricate con telai particolari, in Francia e quasi contemporaneamente in Scozia.
A Prato, il cachemire ed il mohair vengono lavorati insieme alla lana per arricchire il filato o il tessuto e fargli acquistare valore (anche se i leader nella lavorazione di queste stoffe sono i biellesi).
La lavorazione del cachemire con la seta danno vita ad un filato molto fine, leggero usato per confezionare maglie morbide e calde.

Mohar
E’ un lana che si ottiene dal vello della capra d’Angora allevata fin dall'antichità in Turchia ed oggi anche in Sud-Africa e negli Stati Uniti. Una varietà di capra domestica, di notevole valore commerciale. Ha una lana con fibra molto lunga, fine, lucente e particolarmente resistente all'abrasione e all'infeltrimento; ottima per i pettinati. Ha il pelo folto di color bianco trasparente con caratteristiche molto simili alla lana della pecora, specialmente per il colore, la resistenza e l’elasticità. Oltre al mohair normale, ottenuto dalla tosatura dell'animale adulto, esistono altri due tipi di mohair più fini, prodotti dai capretti non ancora cresciuti: il kid autunnale e il kid primaverile.

Coniglio d'angora
Dal coniglio d’Angora si ricava una lana soffice al tatto, leggera e molto calda. Allevato in passato in Cina, alla vigilia della seconda guerra mondiale viene apprezzato in Italia soprattutto in Toscana e Veneto. Il coniglio d’angora ha il pelo lungo, morbido, fittissimo e bianco, in tutto simile al pelo del gatto d’Angora. Questo coniglio, molto grosso, viene allevato appositamente per il suo pelo con il quale si fabbricano tessuti e feltri pregiati. Il suo pelo ha proprietà termiche ed anche impermeabile; si usa soprattutto per maglieria in mischia con lana pregiata. Un soggetto produce annualmente 300 g di pelo, che si raccoglie ogni trimestre con il pettine (pelatura) o con le forbici (tosatura).
Anche da altre razze di coniglio si ricava la fibra che però ha la tendenza ad infeltrire e spezzarsi.

Cammello
La fibra è estratta dal vello dei camelidi, sia dai cammelli asiatici a due gobbe sia dai dromedari africani ad una gobba sola.
Il cammello vive in deserti molto freddi dove la temperatura invernale può raggiungere i -45°. Ha un vello molto folto e produce circa 16 kg di lana all'anno. Non solo la quantità della lana ma anche la qualità è di gran lunga superiore a quella prodotta dal dromedario. La fibra ottenuta dalla borra di color caffè-rossastro, ha una morbidezza ed una lucentezza simile alla lana merinos ed è ottima per tessuti pesanti. Si ricava dalla parte più delicata del vello che l'animale perde naturalmente per ricambio annuale, cosicché può essere raccolto e filato. La loro lunga lana viene usata per fabbricare cordame, pennelli e un tessuto molto pregiato, adatto a confezionare soprabiti di lusso caldi e leggeri.

Alpaca
Mammifero sudamericano, strettamente imparentato con il lama e la vigogna. È un animale semidomestico, probabilmente discendente da una specie selvatica chiamata guanaco. L’alpaca (Lama pacos) è un animale che risale a circa 5000 anni fa, discende dalla famiglia dei cammelidi. Ha il suo habitat naturale nelle catene delle Ande, dove gli indios del Perù e del Cile lo allevano in greggi allo stato semiselvatico su altopiani al di sopra dei 4000 m sul livello del mare. Quando è il momento della tosatura i pastori locali li conducono ai villaggi e tosano circa 20 cm di lana.
Dopo la conquista spagnola, nel Perù viene quasi estinto ma, nella metà dell'800, viene riscoperto per la qualità della sua lana. Per le condizioni climatiche e gli scarsi pascoli l'allevamento degli alpaca non ha mai soddisfatto la numerosa richiesta del mercato mondiale della loro lana.
Esistono due razze: quella huacaya con lana voluminosa, struttura setosa ondulata ed elastica; e la razza suri, che rappresenta solo l'1% della popolazione mondiale degli alpaca e per questo molto rara e ricercata. La sua lana è molto più pregiata rispetto all'altra razza con fibra liscia e fine, brillante, molto simile alla seta.
Ogni alpaca produce circa 2,5 kg per le femmine e circa 4 kg per i maschi di lana all'anno. La lana del “cria” (il piccolo dell’alpaca) è ancora più pregiata per la sua brillantezza e finezza della sua prima tosatura. Esso viene tosato ogni due anni.
La fibra è divisa in base a sette colori fondamentali: bianco, grigio, marrone chiaro, marrone scuro, nero pezzato e rossiccio. Da essi se ne possono contare altri 22 colori riconosciuti dalle industrie tessili. Si ottiene una lana tenace e dall'aspetto molto lucente, con peli setolosi e lanosi, colorata in giallo o in bruno. La fibra è priva di lanolina, non infeltrisce. È molto rinomata per la sua leggerezza, la sua setosità caldissima e anallergica tanto da poter essere utilizzata anche nell'abbigliamento dell'intimo per i neonati.

Vigogna
La vigogna è un camelide assai difficile da addomesticare, che vive nelle Ande peruviane ed è protetto da particolari leggi che ne regolano la cattura e l'uccisione.
La sua lana veniva utilizzata dagli antichi per tessere le vesti dei re. E’ la fibra naturale più fine esistente. Per la mole sta fra il lama e l’alpaca, ma si distingue per la lana corta e increspata. Ha un vello leggerissimo (intero non raggiunge il mezzo chilo) e la sua lana è lucente ed è ovviamente molto ricercata. Produce due diversi strati di pelo: un sottopelo (la lanugine) termoregolatore utilizzato per l'abbigliamento e un vello ordinario lungo e setoso per proteggersi dagli agenti atmosferici. Il cranio, la parte superiore del collo, il dorso e le cosce sono di un colore giallo-rossiccio (color vigogna), la parte inferiore del collo e quella interna delle zampe sono di un giallo ocra chiaro; i peli lunghissimi del petto e del ventre sono bianchi ed hanno 13 cm di lunghezza. L'animale adulto produce circa 250 g di pelo ogni due anni. Per ottenere un cappotto è necessario usare il vello di 25-30 animali adulti.
Nella cultura incas, la vigogna veniva cacciata ogni quattro anni nel corso di una cerimonia chiamata chaco, dove migliaia di uomini formavano una catena intorno all'area scelta per la cattura. Il cerchio lentamente si stringeva fino a chiudersi con gli animali costretti in un recinto per la tosa: i cuccioli e le femmine venivano tosati e rilasciati mentre i maschi anziani venivano uccisi per la loro carne. Questo rituale non mise mai in pericolo la sopravvivenza della vigogna, come invece accadde nel periodo successivo dove i conquistadores decimarono quasi completamente la razza.
Nel 1777 un decreto reale vietò alle popolazioni indigene di uccidere l'animale permettendone soltanto la tosatura. Nel 1976 la CITES, la convenzione internazionale dell'ONU regolò il commercio di animali e piante in pericolo, decretò la fine di ogni sfruttamento della vigogna, inserendola nell'Appendice I che auspica per una specie il massimo grado di protezione. In pochi anni il numero degli animali è aumentato, tanto da indurre la CITES, nel 1987, a retrocederla nella II Appendice, che include le specie a rischio di estinzione se il commercio non è controllato

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